Lo scenario economico

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L’INDUSTRIA CHIMICA IN EUROPA E NEL MONDO

L’INDUSTRIA CHIMICA MONDIALE NEL 2022-2023

La domanda chimica mondiale - dopo un 2021 caratterizzato da un vivace rimbalzo post-pandemico - ha sperimentato, nel corso del 2022, un significativo rallentamento (+1,6% in volume). Inflazione ancora elevata e rapido rialzo dei tassi di interesse gettano ombre sul 2023 che vede, nella prima parte dell’anno, una diffusa debolezza della gran parte dei settori industriali utilizzatori (-0,6% nel primo semestre).

La fase attuale si caratterizza per la rilevanza non solo dei fattori di domanda, ma soprattutto delle condizioni di offerta che comportano andamenti fortemente diversificati tra le principali aree. Nel 2022 la chimica europea, particolarmente penalizzata dalla crisi energetica, ha subito un vistoso calo della produzione (-6,1%) a differenza degli altri grandi competitor che hanno mostrato andamenti positivi.

Nonostante le drastiche restrizioni dettate dalla politica di zero-Covid, seguite da un’ondata di contagi dopo il suo abbandono, e un contesto economico complessivamente non brillante, la Cina consolida il suo ruolo di primo produttore chimico mondiale con una quota pari al 43%. Nel 2022 la produzione è risultata in crescita (+6,4%) anche se a ritmi inferiori al pre-pandemia. L’avvio del 2023 vede una certa ripresa (+7,5% della produzione nel primo trimestre) anche se la spinta delle riaperture si è rivelata meno marcata delle attese.

Per la chimica statunitense, dopo un 2021 segnato da rilevanti interruzioni delle attività a causa delle avversità climatiche, il 2022 - con una crescita della produzione del 2,2% - è stato un anno tutto sommato positivo. Il vantaggio competitivo degli USA, derivante dall’impiego dello shale gas per la produzione chimica, risulta amplificato in quanto i costi energetici risentono in misura decisamente più contenuta degli effetti del conflitto in Ucraina. A partire dalla seconda parte dell’anno si è, tuttavia, manifestato un progressivo indebolimento della domanda che ha portato ad un calo della produzione chimica a inizio 2023 (-2,7% nel primo semestre).

LA CHIMICA EUROPEA NEL 2022-2023

L’industria chimica è un settore di specializzazione strategico per l’industria europea. Impiega 1,2 milioni di addetti e nel 2022 ha realizzato un valore della produzione di 764 miliardi di euro, confermandosi quale secondo produttore chimico mondiale con una quota pari al 14%.

Il settore ha pesantemente risentito dell’escalation dei costi energetici: nel 2022, infatti, la produzione chimica è risultata in contrazione in tutti principali Paesi europei - anche in seguito alla fermata di alcune attività più energy intensive - con un andamento particolarmente penalizzante in Germania (-11,8%). Nel 2023 la produzione europea si mantiene in territorio negativo. Il significativo rientro dei costi del gas e dell’elettricità dai picchi estivi rappresenta un fattore di sollievo, ma i livelli si confermano superiori al pre-crisi e nel confronto globale. Nel contempo, la domanda non mostra chiari segnali di ripresa.

Prima della crisi energetica, la chimica europea si era, invece, distinta per una notevole capacità di ripartenza. Di conseguenza, nonostante le difficoltà più recenti, la produzione chimica mostra un divario nei confronti dei livelli pre-pandemia (-2,7%) non lontano da quello degli USA (-1,8% USA).

SALDO COMMERCIALE DELLA CHIMICA EUROPEA

La chimica europea ha sempre generato un ampio avanzo commerciale, contribuendo a garantire all’UE benessere ed equilibrio negli scambi internazionali. Nel 2022 tale avanzo si è fortemente ridimensionato (2,6 miliardi di euro rispetto ai 35,8 miliardi dell’anno precedente) anche per effetto della fermata di alcune produzioni più energivore alla luce dei picchi raggiunti dai costi energetici. La competitività europea è a rischio soprattutto nei settori di base – tendenzialmente più energivori – ma in realtà in tutta la chimica. I prodotti di base sono componenti essenziali presenti nel 95% di tutti i manufatti di uso quotidiano così come in applicazioni considerate centrali per la transizione ecologica quali le batterie e i pannelli solari.
Evoluzione della produzione chimica mondiale per area geografica nel 2019-2022Distribuzione geografica della produzione chimica mondiale

INVESTIMENTI DELLA CHIMICA EUROPEA E MONDIALE

La chimica europea investe in R&S circa 9 miliardi di euro all’anno ed è caratterizzata da un’elevata intensità di ricerca. Gli investimenti rappresentano un fattore chiave per far fronte alla sfida ambientale, che è anche una sfida tecnologica e competitiva. Altre aree mondiali mostrano, tuttavia, una maggiore capacità di attrazione degli investimenti: come nella produzione, è la Cina il principale polo (125 miliardi di euro nel 2022), ma anche gli Stati Uniti (25 miliardi) e il Medio Oriente (incluso nella voce “Altri paesi”) hanno visto un consistente incremento con l’istallazione di nuova capacità produttiva. Ulteriori importanti investimenti si materializzeranno nei prossimi anni.

Saldo commerciale della chimica europeaSpesa per investimenti

FATTORI COMPETITIVI E IMPATTO DELLA CRISI ENERGETICA

Tra i fattori più rilevanti per la competitività europea, un aspetto critico è rappresentato dalla disponibilità a costi accessibili dell’energia e delle materie prime, prevalentemente di origine fossile (petrolio e gas). Il conflitto in Ucraina ha alimentato un’escalation dei costi del gas e dell’energia elettrica e l’embargo al petrolio russo tende a favorire altri Paesi (quali India, Turchia e Cina) che possono beneficiare di prezzi inferiori del 20-30%. Produrre etilene, “building block” dell’industria chimica mondiale ed elemento fondamentale alla base di moltissimi prodotti, risulta più costoso in Europa rispetto a Medio Oriente e Stati Uniti e tale divario si è enormemente ampliato nella fase più acuta della crisi energetica. Le asimmetrie competitive, a scapito dell’Europa, riguardano anche il costo dei permessi per le emissioni di CO2, nell’ambito del sistema ETS, in continua crescita quale esito degli obiettivi europei di riduzione delle emissioni in presenza di fenomeni anche speculativi.
Costi di produzione dell'etilene e costo dei permessi per le emissioni di CO2 nell’UE

 

REGOLAMENTAZIONE EUROPEA E POLITICA INDUSTRIALE

L’Europa ci pone obiettivi molto sfidanti, primo fra tutti la neutralità climatica al 2050, che richiederanno una profonda trasformazione dell’industria chimica da attuare solamente in uno o due cicli di investimento.

Come illustrato nel capitolo “Lo scenario europeo”, la chimica è al centro del Green Deal, rappresentando il settore interessato dal maggior numero di iniziative legislative: dal Piano d’azione sull’economia circolare 2.0, alla Strategia chimica per la sostenibilità, all’Obiettivo zero inquinamento, al Pacchetto “Fit for 55”, alla Strategia Farm to Fork. In assenza di analoghi vincoli da parte degli altri principali attori economici, non va sottovalutato il rischio che le asimmetrie normative si traducano in una perdita di competitività per la chimica europea con effetti negativi a cascata su tutta l’industria manifatturiera, sull’occupazione e sulla stessa protezione dell’ambiente (in presenza di importazioni crescenti da aree con minori standard).

Anche alla luce dei rilevanti piani di attrazione degli investimenti promossi dalle altre regioni del mondo, è fondamentale che l’Europa adotti una politica industriale efficace, con chiare priorità e tempi realistici, in grado di tutelare la competitività europea e costruire la leadership tecnologica del futuro.

Con l’Inflation Reduction Act, infatti, gli USA prevedono ingenti agevolazioni (circa 370 miliardi di dollari in un decennio) per favorire la transizione ecologica accompagnate da vincoli di produzione locale secondo i principi del “Buy American”.

Nel rivedere la sua Strategia di politica industriale, la Commissione europea ha pubblicato nel gennaio 2023 “The Chemical Industry Transition Pathway”, importante documento che - riconoscendo il settore chimico come strategico - delinea un piano condiviso tra l’industria e le Istituzioni (europee e nazionali) articolato in una nutrita serie di azioni quali condizioni necessarie per realizzare la transizione ecologica e digitale.

Il “The Net Zero Industry Act” – così come proposto dalla Commissione europea – non sembra, invece, fornire una risposta all’altezza delle sfide in quanto non delinea interventi incisivi e ad ampio spettro in grado di supportare la trasformazione di tutto il settore industriale, tenendo conto dell’integrazione delle catene del valore e del ruolo dei settori “hard to abate” quali la chimica.
Tavola 2.6 La chimica in Italia nel 2021-2022

CARATTERISTICHE E CONGIUNTURA DELL’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA

LA CHIMICA È LA QUINTA INDUSTRIA DEL PAESE

L’Italia è un Paese a forte vocazione industriale e la chimica, con un valore della produzione di oltre 66 miliardi di euro nel 2022, rappresenta la quinta industria del Paese (dopo alimentare, metalli, meccanica auto e componentistica). Le imprese chimiche attive sul territorio nazionale sono più di 2.800 e - con 3.300 insediamenti - occupano oltre 112 mila addetti altamente qualificati.

Il settore ha dimostrato grande capacità di reazione dinnanzi alla pandemia, ripristinando in un solo anno i livelli di attività e garantendo con continuità forniture essenziali, anche per la lotta al Covid. A partire dai mesi estivi del 2022, la produzione chimica in Italia ha subito un brusco arretramento a causa dei rincari senza precedenti nei costi energetici in presenza di rilevanti asimmetrie competitive che condizionano particolarmente il settore in quanto dipendente dalle fonti fossili (gas e petrolio) anche per le materie prime. Nel 2022 l’inevitabile, ma spesso incompleto, adeguamento dei prezzi di vendita ha portato ad un consistente aumento del fatturato che si è, però, associato ad un calo dei volumi di produzione del 4% in presenza di un peggioramento del saldo commerciale di oltre 6 miliardi di euro. L’allentamento delle quotazioni del gas dai picchi di agosto 2022 rappresenta un sollievo, ma non tale da consentire un’inversione di tendenza nel 2023, anche alla luce della debolezza della domanda espressa dai principali settori clienti.

L’ITALIA SI CONFERMA IL TERZO PRODUTTORE CHIMICO EUROPEO

La chimica in Italia rappresenta il terzo produttore europeo (dopo Germania e Francia) e, per diverse produzioni della chimica fine e specialistica, riveste posizioni anche più rilevanti. In alcuni casi, come nei principi attivi farmaceutici, vanta una leadership a livello mondiale.

La specializzazione italiana nella chimica delle specialità e di consumo (quota di produzione settoriale pari al 61% a fronte del 45% a livello UE) contribuisce a spiegare la relativa tenuta della produzione dinnanzi alla crisi energetica, ma non sgombra il campo dalle preoccupazioni. La filiera è strettamente interconnessa, anche nell’innovazione, di conseguenza l’indebolimento delle fasi a monte danneggia anche le attività a valle. La chimica di base, infatti, sviluppa nuove sostanze e materiali che poi la chimica fine e specialistica – formulando prodotti dalle proprietà innovative – rende disponibili per tutti i settori economici e industriali.
Valore della produzione chimica Europea per Paese

PERVASIVITÀ DELL’INDUSTRIA CHIMICA

La chimica è essenziale non solo per la tutela della salute, come dimostrato durante la pandemia, ma anche per il suo ruolo di tecnologia al servizio di tutto il sistema economico.
La chimica fornisce, infatti, input indispensabili e ad elevato contenuto innovativo ad agricoltura, industria e costruzioni così come ai servizi e ai consumatori finali.
Attraverso i suoi prodotti, la chimica contribuisce ad alimentare la competitività e la sostenibilità di tutti i settori utilizzatori, generando e difendendo numerosi posti di lavoro.

Dietro al successo internazionale dei prodotti tipici del Made in Italy – calzature, abbigliamento, mobili, piastrelle e molti altri – ci sono spesso un prodotto e un’impresa chimica innovativi.
I prodotti di uso comune esistono e hanno costi accessibili proprio grazie alla chimica.

La filiera chimica e il suo ruolo di trasferimento tecnologico

CARATTERISTICHE STRUTTURALI E RILEVANZA DELLE PMI CHIMICHE

Nonostante i numerosi shock che hanno caratterizzato il periodo recente, la chimica si è confermata tra i settori più solidi del sistema economico, come testimoniato dalla più bassa incidenza delle sofferenze sui prestiti bancari nel panorama industriale (0,7% nel primo trimestre 2023 a fronte del 3% dell’industria). Tale solidità discende dalle caratteristiche strutturali del settore. In Italia, infatti, l’industria chimica vede la presenza equilibrata di tre tipologie di attori: le PMI (35% del valore della produzione), i medio-grandi Gruppi nazionali (27%) e le imprese a capitale estero (38%).

L’importanza delle PMI nell’industria chimica non deve essere sottovalutata: a livello europeo attivano ben il 36% dell’occupazione settoriale e in Italia tale quota si avvicina al 50% (escludendo le filiali di imprese a capitale estero con meno di 250 addetti in Italia). Uno degli aspetti più critici per le PMI chimiche riguarda l’impatto di normative inutilmente complesse che, imponendo i medesimi requisiti a tutte le imprese, agiscono come un costo fisso e penalizzano soprattutto le realtà medio-piccole, rischiando persino di bloccarne i processi di sviluppo. In assenza di personale dedicato agli aspetti normativi, infatti, sottraggono risorse ad attività strategiche come la ricerca o l’attività stessa dell’imprenditore.
Distribuzione della produzione chimica in Italia

I PRINCIPALI GRUPPI CHIMICI ITALIANI

I Gruppi chimici a controllo nazionale, attivi sul mercato mondiale, sono dotati della massa critica per affrontare le sfide tecnologiche e ambientali. Insieme alle maggiori realtà della chimica di base, figurano medio-grandi Gruppi spesso leader nel loro segmento di specializzazione a livello mondiale o europeo. Quasi tutti i maggiori Gruppi chimici a controllo nazionale hanno realizzato investimenti produttivi all’estero, non con finalità di delocalizzazione ma per rafforzare la loro posizione nel mercato globale, alimentando così in un circuito virtuoso anche l’export, la produzione e l’occupazione sul territorio italiano. Complessivamente la loro quota di produzione estera sulle vendite mondiali è pari al 43%.
I principali gruppi chimici Italiani nel 2022

IMPRESE A CAPITALE ESTERO COME PARTE INTEGRANTE DELLA CHIMICA IN ITALIA

Anche le imprese a capitale estero rappresentano una risorsa importante per l’industria chimica in Italia. La loro attività crea valore sul territorio nazionale dove producono e fanno ricerca (oltre 170 milioni di euro all’anno). In diversi casi l’Italia ospita un vero e proprio centro di eccellenza, che rappresenta il punto di riferimento del Gruppo a livello mondiale per la R&S in determinate aree della chimica o per specifiche produzioni.

In effetti non c’è contrapposizione tra imprese estere e nazionali, anzi le imprese a capitale estero si sentono a tutti gli effetti parte integrante della chimica italiana e le due tipologie tendono sempre più ad assomigliarsi anche nella forte propensione all’export. Gli impianti italiani delle imprese estere, spesso specializzati in specifici segmenti della chimica, destinano all’export una quota maggioritaria della produzione, in molti casi superiore al 75%.

Le imprese chimiche si sono inserite con successo all’interno delle catene globali del valore. Più del 60% della produzione realizzata in Italia, infatti, fa capo a imprese multinazionali a capitale sia domestico sia estero. La forte presenza di Gruppi dal respiro internazionale contribuisce anche a diffondere le Migliori Pratiche generate in tutto il mondo non solo in termini di capacità di presidio dei mercati esteri ma anche di modelli organizzativi, competenze, formazione e responsabilità sociale con ricadute positive su tutto il sistema produttivo nazionale. D’altro canto, proprio la forte internazionalizzazione rende il settore sensibile alle perturbazioni nelle catene di fornitura globale e alle asimmetrie competitive generate dalle normative soprattutto in ambito ambientale.

Valore della produzione chimica realizzato in Italia da multinazionali a capitale nazionale o estero

OCCUPAZIONE SETTORIALE DI QUALITÀ

L’industria chimica offre solide prospettive occupazionali: più del 95% dei dipendenti ha un contratto a tempo indeterminato e, negli ultimi cinque anni, il settore ha generato oltre 7.000 nuovi posti di lavoro. Nonostante i rilevanti fattori di incertezza, che condizionano il quadro generale, le imprese stanno investendo sui giovani anche per dotarsi di nuove competenze in ambiti strategici quali la ricerca e la digitalizzazione. Negli ultimi cinque anni l’occupazione under-35 è aumentata del 13% a fronte del +3% nell’industria manifatturiera.
Il settore genera, attraverso l’indotto, occupazione di qualità anche negli altri comparti (basti pensare, ad esempio, ai servizi specializzati in ambito ambientale). Si stima che l’occupazione complessivamente attivata sia oltre il doppio di quella diretta e superi i 320 mila addetti.
Intensità di capitale, innovazione e risorse umane altamente qualificate rendono la chimica uno dei settori a maggiore produttività nel panorama industriale italiano: il valore aggiunto per addetto è tra più i elevati ed è superiore di oltre il 80% alla media manifatturiera. In definitiva, la chimica è un settore adatto a un Paese avanzato come l’Italia perché, proprio grazie alla sua complessità, è in grado di garantire occupazione qualificata e, di conseguenza, ben remunerata.

Dipendenti per tipologia di contratto nella chimica e farmaceuticaAndamento occupazionale dei giovani under-35 nel 2015-2021

 



RUOLO E PROSPETTIVE DELL’INDUSTRIA CHIMICA IN ITALIA

LA SFIDA DELLA SOSTENIBILITÀ E L’IMPORTANZA DELL’INNOVAZIONE TECNOLOGICA

L’industria chimica è strategica per perseguire con successo la transizione ecologica e gli ambiziosi obiettivi del Green Deal europeo senza sacrificare il benessere economico e sociale. Grazie alle sue competenze e alla collocazione a monte di numerose filiere, la chimica allontana i limiti dello sviluppo ottimizzando i processi e utilizzando sempre meglio le risorse, minimizzando l’uso di quelle più preziose, riutilizzandole o sostituendole, valorizzando anche i rifiuti.

La chimica è tra i settori che più può contribuire a realizzare concretamente la transizione ambientale, ma è anche tra i più esposti ai rischi connessi a costi non competitivi dell’energia e al proliferare di nuove normative a livello europeo. Un indebolimento della chimica italiana ed europea – accompagnato da una maggiore penetrazione dell’import – comporterebbe una grave perdita non solo sul piano industriale, ma anche per la tutela dell’ambiente tenuto conto degli standard di eccellenza delle produzioni locali e del ruolo strategico nello sviluppo di soluzioni tecnologiche per la transizione ambientale.

Le imprese chimiche sono consapevoli che, per affrontare con successo la sfida ambientale e sostenere la competitività, la ricerca riveste un ruolo essenziale e investono sul territorio nazionale, ogni anno, oltre 670 milioni di euro. Nell’ultimo decennio il personale dedicato alla R&S è aumentato del 73% raggiungendo circa 8.500 addetti. La quota sull’occupazione raggiunge ormai l’8%, in linea con la media settoriale europea e a fronte del 5% dell’industria manifatturiera italiana nel suo complesso. Inoltre, tra i ricercatori chimici, emerge una presenza femminile ben più significativa della media industriale: 30% a fronte del 18%.

R&S e innovazione nell’industria chimica in ItaliaPersonale dedicato alla R&S nell’industria chimica in Italia

RISULTATI CONCRETI PER LA SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE

La chimica già oggi è leader nella sostenibilità ambientale: solo negli ultimi tre anni il 34% delle imprese chimiche in Italia ha introdotto innovazioni con benefici ambientali, una quota superiore di 10 punti percentuali rispetto alla media manifatturiera. L’impegno è orientato innanzitutto a migliorare la sostenibilità interna: il settore ha già superato gli obiettivi UE al 2030, migliorando l’efficienza energetica a parità di produzione del 44% dal 2000 e riducendo le emissioni dirette di gas serra del 64% dal 1990. L’innovazione chimica non si limita a questo, ma promuove il rispetto ambientale anche negli utilizzi a valle con benefici per tutto il sistema economico (24% delle imprese).
Il settore si appresta a fare un ulteriore salto di qualità grazie ai molteplici ambiti di sviluppo, alcuni dei quali beneficiano, in Italia, di competenze tecnologiche all’avanguardia. Basti pensare al riciclo chimico delle plastiche, alle biotecnologie, alla produzione di idrogeno low carbon o rinnovabile, alla progettazione circolare dei prodotti e alla chimica da rifiuti, allo sviluppo di tecnologie innovative per l’efficienza energetica degli edifici, per la mobilità ecosostenibile, per la cattura, lo stoccaggio e il riutilizzo della CO2.

Anche la digitalizzazione offre grandi opportunità per migliorare ulteriormente la sicurezza sul lavoro (che, già oggi, vanta livelli di eccellenza nel panorama industriale) così come a beneficio dei consumatori attraverso la raccolta e la condivisione di grandi masse di dati per una maggiore tracciabilità lungo le filiere e il miglioramento dei processi lungo l’intero ciclo di vita dei prodotti.

CONDIZIONI NECESSARIE PER REALIZZARE LA TRANSIZIONE AMBIENTALE

Per portare avanti efficacemente la transizione ambientale, è necessario promuovere tutte le soluzioni utili, rispettando il principio di neutralità tecnologica. Alla luce delle innumerevoli esigenze applicative e dei rischi insiti nell’innovazione, è necessario un ampio spettro di soluzioni. Questo approccio potrà, inoltre, contribuire, a limitare i rischi di tensioni sui prezzi degli input generati da eccessive pressioni sull’offerta causate da bruschi incrementi della domanda.

Per attivare gli ingenti investimenti richiesti, è fondamentale disporre di un quadro normativo stabile e coerente, guidato da un approccio scientifico basato sull’intero ciclo di vita dei prodotti. La sua applicazione dovrebbe essere quanto più possibile omogenea su tutto il territorio nazionale e nel Mercato unico europeo. Iniziative di supporto agli investimenti sono importanti, anche alla luce dell’Inflation Reduction Act americano, e dovrebbero riguardare non solo la R&S ma anche le spese in conto capitale e i costi operativi.
L’accesso all’energia e alle materie prime strategiche a costi competitivi è vitale e può essere perseguito anche attraverso il rafforzamento delle produzioni europee e la diversificazione dei fornitori. Non dovrebbe, tuttavia, sfociare in esiti protezionistici che comporterebbero rischi rilevanti in termini di possibilità di export e di escalation dei costi della transizione ambientale. La valorizzazione dei rifiuti, del carbonio catturato e delle risorse rinnovabili come materie prime sono tutte strade percorribili per ridurre le emissioni e la dipendenza dalle importazioni di materie prime.
Gestire la transizione significa sicuramente accompagnare e stimolare l’innovazione con strumenti forti e innovativi ma - sino a quando l’innovazione non si sarà totalmente sviluppata garantendo nuovi prodotti (o nuovi processi) in quantità sufficienti a soddisfare le esigenze di mercato - sarà fondamentale evitare atteggiamenti inutilmente punitivi nei confronti dei prodotti (o processi) di precedente generazione, che garantiscono le risorse economiche necessarie affinché l’innovazione possa concretamente essere realizzata.
La transizione ecologica rappresenta una sfida di enorme portata non solo per l’industria chimica, ma per tutta la Società. Affinché possa tradursi in un’opportunità di sviluppo, richiede la collaborazione - con pragmatismo e senso di responsabilità - di tutti gli attori sociali: imprese, Istituzioni e cittadini

Imprese che hanno introdotto innovazioni con effetti positivi sull’ambiente
Tecnologie chimiche in fase di sviluppo



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