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L'INDUSTRIA CHIMICA IN CIFRE

Dati e analisi per conoscere meglio l'industria chimica

L'obiettivo è rendere disponibili, in modo semplice, le informazioni necessarie per la comprensione delle problematiche dell'industria chimica, del suo ruolo e dei suoi trend evolutivi nel mondo e in Italia. Ogni sezione tratta un argomento specifico accompagnando al testo alcune tavole.

L'insostenibile costo dell'energia e le arretratezze infrastrutturali


La chimica è un settore energivoro in quanto trasforma la materia per ottenere sostanze e prodotti indispensabili per ogni attività. E’ il primo settore industriale per consumo di gas naturale e il secondo, tra i settori energivori, per consumo di energia elettrica.

Dal 1990 l’industria chimica, oltre ad avere fortemente ridotto i consumi energetici complessivi (-44%), ha re-impiegato il calore invece di disperderlo e notevolmente incrementato il ricorso alla fonte fossile più sostenibile (gas naturale). Pur puntando a ricorrere sempre più alle fonti rinnovabili, rimangono prevalenti quelle fossili.

Per l’industria chimica, i combustibili fossili (petrolio e gas naturale) non sono solo una fonte energetica, ma anche una materia prima e la loro integrale sostituzione, sulla base delle tecnologie attuali, non è realizzabile. La disponibilità a costi accessibili delle fonti fossili è oggi un fattore di competitività imprescindibile.

Il settore chimico ha già avviato le prime bio-raffinerie per la produzione di bio-diesel e bio-etanolo ed è l’unico, insieme alle raffinerie petrolifere, a produrre l’idrogeno necessario a  soddisfare l'attuale domanda nazionale pari a circa 500 kt all’anno. Il contributo del settore chimico supera le 150 kt (70% da steam reforming del metano per la produzione di ammoniaca, 25% dai processi di steam cracking nella petrolchimica e dalla produzione di stirene, 5% dalla produzione di cloro-soda).


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Prima del conflitto in Ucraina, il costo dell’energia - considerando anche l’impiego come materia prima - aveva un’incidenza sul valore della produzione pari al 14%, la più elevata nel panorama industriale e con punte ben più alte in alcune produzioni (quali gas tecnici, fertilizzanti, fibre, abrasivi, colorifici ceramici oltre a molteplici sostanze della chimica di base come ammoniaca, acido solforico e cloro soda).

L’elevato peso del costo dell’energia evidenzia il forte impatto negativo in termini di competitività che un divario di costo dell’energia rispetto agli altri Paesi provoca nell’industria chimica in Italia.

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Dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina, in Europa il prezzo del gas ha subito rincari senza precedenti e, pur essendo rientrato dai picchi del 2022, rimane su livelli ampiamente superiori a quelli americani (più che tripli nel primo semestre 2023).

Anche il prezzo dell’elettricità ha subito forti rincari a causa di un meccanismo di formazione dei prezzi che tende a dipendere dal gas più che riflettere le tecnologie e i costi di produzione delle diverse fonti.

Per i clienti industriali italiani, il divario di costo del gas e soprattutto dell’elettricità si è ampliato anche rispetto alla media europea.

Tutti i maggiori Paesi europei hanno introdotto misure per calmierare i costi, in primis per le attività più energivore e gasivore. Al fine di contrastare asimmetrie competitive anche nei confronti dei concorrenti europei, l’Italia dovrebbe prevedere adeguate agevolazioni. Tali agevolazioni dovrebbero coinvolgere anche gli utilizzi quali materie prime.


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Il divario effettivo nei costi dell’energia elettrica rispetto agli altri Paesi europei risulta amplificato se si tiene conto della compensazione dei maggiori costi indiretti dell’elettricità connessi al costo dei permessi per le emissioni di CO2 secondo lo schema europeo ETS, praticata da tempo da tutti i principali Paesi produttori.

In Italia tale compensazione è stata introdotta per la prima volta con riferimento ai costi del 2020, tuttavia è risultata solo parziale (pari al 24% per i settori ammessi dalla regolamentazione europea) a causa dell'insufficienza dei fondi disponibili. Con riferimento ai costi relativi al 2021, tale criticità, pur se in parziale miglioramento, non risulta pienamente superata.

Questa penalizzazione è destinata ad incidere sempre di più sia per la diminuzione delle quote gratuite a disposizione sia per l’aumento del costo dei permessi per le emissioni di CO2 che, in tre anni, risulta più che triplicato.

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La chimica è particolarmente sensibile all’alto costo dell’energia in Italia in quanto, più di altri settori, unisce un’elevata intensità energetica (0,07 migliaia di tep per milione di euro di fatturato che diventano 0,21 se si considerano anche gli usi come materia prima) ad una forte esposizione alla concorrenza internazionale (quota di fatturato all’export superiore al 50%).

In effetti, il divario nei costi energetici è il più grave fattore di potenziale delocalizzazione delle produzioni chimiche italiane, non solo verso aree lontane e a basso costo, ma anche verso altri Paesi europei.

Anche la logistica è una componente strategica per l’industria chimica, che trasporta ogni anno oltre 55 milioni di tonnellate di prodotti con un’incidenza di costo sul fatturato intorno al 9%. A causa di arretratezze infrastrutturali mai colmate, il costo della logistica in Italia è di oltre il 25% superiore a quello degli altri maggiori Paesi europei. Questo comporta una forte penalizzazione della competitività delle imprese italiane a livello internazionale.

Gli investimenti relativi al trasporto ferroviario e intermodale sono la chiave di volta per migliorare la logistica dell’industria chimica, anche in un’ottica di sostenibilità e riduzione delle emissioni di CO2.

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