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L'INDUSTRIA CHIMICA IN CIFRE

Dati e analisi per conoscere meglio l'industria chimica

L'obiettivo è rendere disponibili, in modo semplice, le informazioni necessarie per la comprensione delle problematiche dell'industria chimica, del suo ruolo e dei suoi trend evolutivi nel mondo e in Italia. Ogni sezione tratta un argomento specifico accompagnando al testo alcune tavole.

Industria chimica mondiale- un settore dinamico e in profondo mutamento


Grazie ad un valore della produzione pari a 5.622 miliardi di euro (anno 2022), l’industria chimica mondiale contribuisce - direttamente e attraverso l’indotto - al 7% del PIL mondiale.

La natura essenziale della chimica è emersa chiaramente durante la pandemia: anche durante il lockdown, infatti, il settore non ha mai interrotto la sua attività garantendo con continuità prodotti quali l’ossigeno, i reagenti e principi attivi farmaceutici, i disinfettanti e i prodotti per l’igiene personale e degli ambienti, i materiali per le mascherine e gli altri dispositivi di protezione individuale.

Con una quota del 43%, la Cina si è affermata quale primo produttore mondiale. Nonostante la rapida ascesa cinese, la chimica europea continua a rivestire un ruolo di primo piano: infatti, con 764 miliardi di euro e una quota pari al 14%, è il secondo produttore mondiale.

L’Europa mantiene una leadership tecnologica sui processi e sui prodotti, con risultati di eccellenza anche a livello ambientale e la capacità di rispondere alle esigenze del mercato garantendo qualità, sicurezza e capacità innovativa.





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La domanda mondiale di chimica, al di là delle temporanee battute d’arresto conseguenti alla crisi finanziaria del 2008-09 e alla crisi sanitaria del 2020, ha sempre manifestato una tendenza espansiva. Il consumo di prodotti chimici è aumentato del 56% in volume e del 200% in valore rispetto al 2007 (anche se l’evoluzione recente risulta amplificata dall’aumento dei costi).

La fase attuale si caratterizza per la rilevanza non solo dei fattori di domanda, ma anche delle condizioni di offerta nel determinare andamenti fortemente diversificati tra le principali aree in termini di produzione.

La chimica sta vivendo profondi mutamenti: dopo lo sviluppo del mercato globale e l’ascesa dei Paesi emergenti, si assiste all’affermazione dei principi dello sviluppo sostenibile, declinati, però, con modalità molto disomogenee nei diversi Paesi e con effetti distorsivi sulla concorrenza. La crisi energetica, inoltre, penalizza soprattutto le produzioni europee.

La forte accelerazione verso la transizione ambientale comporterà non un calo ma, al contrario, un aumento della domanda mondiale di chimica trainata sempre più dai contenuti tecnologici. Ad esempio, si stima che un veicolo a mobilità sostenibile richiederà un contenuto di chimica pari, in valore, a circa 2,5 volte quello di un veicolo a tecnologia tradizionale.

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La produzione chimica cresce soprattutto nei Paesi emergenti la cui quota di mercato è passata, in dieci anni, dal 51% al 64%. Questi Paesi, sperimentando aumenti nella domanda di prodotti chimici tipicamente associati alle fasi di sviluppo, offrono opportunità di export per la chimica europea ma, nel contempo, si propongono come basi produttive anche per il resto del Mondo.

La loro ascesa è entrata in una fase nuova e più avanzata. La Cina, in particolare, punta ad innalzare i contenuti tecnologici delle produzioni attraverso il supporto della politica industriale nell’ambito della strategia Cina 2025. Recentemente ha inaugurato una politica più attenta al rispetto dell’ambiente, che ha comportato l’annuncio dell’obiettivo di neutralità climatica al 2060.

Dopo il rientro nell’Accordo sul clima di Parigi, gli Stati Uniti - con l’Inflation Reduction Act - hanno introdotto ingenti agevolazioni (circa 370 miliardi di $ in un decennio) per favorire la transizione ecologica, sostenendo non solo gli investimenti ma anche i costi operativi e prevedendo vincoli di produzione locale (cosiddetto “Buy American”) a discapito della concorrenza, anche europea.

L’UE punta alla neutralità climatica al 2050 e si pone gli obiettivi più ambiziosi sul piano ambientale perseguiti però soprattutto con vincoli di natura regolatoria. La sfida ambientale va, invece, affrontata anche con un adeguato supporto di politica industriale in quanto sfida tecnologica e competitiva. 

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