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L'INDUSTRIA CHIMICA IN CIFRE

Dati e analisi per conoscere meglio l'industria chimica

L'obiettivo è rendere disponibili, in modo semplice, le informazioni necessarie per la comprensione delle problematiche dell'industria chimica, del suo ruolo e dei suoi trend evolutivi nel mondo e in Italia. Ogni sezione tratta un argomento specifico accompagnando al testo alcune tavole.

Il ruolo e le sfide per l'industria chimica in Europa

L’industria chimica è il quarto settore manifatturiero europeo, occupa circa 1,2 milioni di addetti e offre posti di lavoro altamente qualificati. Considerando l’indotto, si stima che quasi 4 milioni di lavoratori in Europa abbiano un impiego collegato alla chimica.

Il ruolo dell’industria chimica europea va ben al di là della sua dimensione: essa rappresenta un elemento chiave per mantenere una base industriale forte in Europa in quanto fornisce soluzioni tecnologiche innovative a tutti i settori utilizzatori, contribuendo in modo determinante anche alla loro sostenibilità. Per l’Italia questo aspetto è di particolare rilevanza in quanto rappresenta la seconda economia manifatturiera in Europa.

Il Green Deal e il Recovery Fund devono essere considerati strumenti complementari per assicurare che la transizione ambientale proceda di pari passo con la riconversione industriale. La chimica – intesa non solo come settore, ma anche come tecnologia abilitante – dovrebbe essere al centro della nuova politica industriale europea.

 

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L’Italia è il terzo produttore chimico europeo (dopo Germania e Francia) e il dodicesimo a livello mondiale.

L’industria chimica è fortemente interconnessa a livello europeo e per molte imprese attive in Italia l’Europa rappresenta, di fatto, il mercato “domestico”.

La competitività del settore è significativamente condizionata dal sistema normativo (soprattutto in materia di sicurezza, salute e ambiente) e dalla politica energetica, aspetti sui quali il ruolo delle Istituzioni europee è sempre più importante.

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La classifica delle maggiori imprese chimiche mondiali vede una presenza equilibrata delle principali macro-aree.

L'Europa conta 5 tra le prime 20 società per una quota complessiva sul fatturato mondiale (pari quasi al 5%) superiore rispetto a USA e Cina.

L’Italia, pur non avendo imprese chimiche di tali dimensioni, si caratterizza per la presenza di medio-grandi Gruppi a capitale nazionale altamente specializzati che spesso sono leader a livello mondiale o europeo nel loro segmento di mercato.

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La chimica rappresenta un settore di specializzazione dell’industria europea, caratterizzato da un ampio avanzo commerciale, pari a 36,5 miliardi di euro nel 2021.

Tale avanzo evidenzia, tuttavia, una tendenza al ripiegamento emersa a partire dal 2018. In particolare, a fronte della continua espansione nella chimica fine e specialistica così come nella detergenza e cosmetica, il saldo della chimica di base si è ridimensionato fino a portarsi in territorio negativo. A livello territoriale, il bilancio risulta in disavanzo con l’Asia mentre si conferma in surplus con tutte le altre principali aree.

L’industria chimica europea è fortemente integrata nel commercio mondiale sia per l’approvvigionamento delle materie prime, sia per la destinazione dei suoi prodotti. Risente, di conseguenza, in modo rilevante delle perturbazioni nelle catene di fornitura.

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Negli ultimi vent’anni il valore della produzione chimica europea ha continuato a crescere; ciò nonostante, la sua quota sulle vendite globali è diminuita dal 26% al 15% (pur evidenziando una sostanziale stabilizzazione a partire dal 2015). Questa perdita in termini di quota riflette non solo la crescita più lenta del mercato locale, ma anche un deterioramento di competitività.

La competitività europea è a rischio soprattutto nei settori di base, più sensibili ai vincoli di sistema, ma in realtà in tutta la chimica. L’indebolimento delle fasi a monte danneggia le attività a valle in quanto la filiera è strettamente interconnessa anche con riferimento all’innovazione. La chimica di base, infatti, sviluppa nuove sostanze e materiali, che la chimica fine e specialistica rende poi disponibili per tutti i settori economici formulando prodotti dalle proprietà innovative.

La perdita di attrattività europea emerge chiaramente con riferimento agli investimenti, fattore chiave per assicurare lo sviluppo futuro e accrescere la produttività, anche attraverso il miglioramento e il rinnovo degli impianti. Nell’ultimo decennio la chimica europea ha evidenziato una ripresa degli investimenti, tuttavia altre aree mondiali mostrano un maggiore dinamismo. Come nella produzione, è la Cina il principale polo di attrazione (109 miliardi di euro nel 2021), ma anche gli Stati Uniti (25 miliardi) e il Medio Oriente (incluso nella voce “Altri paesi”) hanno visto un consistente incremento.

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Tra i fattori che penalizzano la competitività europea è critico il costo dell’energia e delle materie prime.

Per effetto della rivoluzione dello shale gas, produrre etilene in Europa (dove la materia prima principale è la virgin nafta, un derivato del petrolio) è diventato più costoso non solo rispetto al Medio Oriente, ma anche agli Stati Uniti. L’etilene è il più grande “building block” dell'industria chimica mondiale, fondamentale per molti materiali quali plastica, detergenti e vernici.

Le asimmetrie competitive a scapito dell’Europa rischiano di aggravarsi alla luce della dipendenza europea dal gas russo e del forte aumento del costo dei permessi per le emissioni di CO2.

Sulle decisioni di investimento, oltre al costo dell’energia, in Europa pesa un quadro normativo che genera extra-costi asimmetrici rispetto ai concorrenti.

In presenza di una quota sulle emissioni mondiali già oggi pari solo all’8%, il Green Deal europeo pone obiettivi molto sfidanti (primo fra tutti la neutralità climatica al 2050) che, se unilaterali, rischiano di danneggiare la competitività senza benefici sostanziali per l’ambiente. Potrebbe, infatti, comportare importazioni crescenti da aree con minori standard ambientali.

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L’industria chimica è un settore ad alta intensità di ricerca: a livello europeo, gli addetti dedicati sono il 5,7% a fronte di una media manifatturiera pari al 3,6%.

Grazie all’innovazione tecnologica, la chimica è in grado di fornire soluzioni alle grandi sfide sociali: lotta ai cambiamenti climatici, economia circolare, maggiore sostenibilità attraverso la gestione sicura delle sostanze chimiche, nuovi metodi di lavorazione e materie prime alternative, energia e trasporti puliti. Tuttavia, non è scontato che queste soluzioni vengano sviluppate in Europa: qualora fossero progettate in altre parti del mondo e poi importate, si perderebbero opportunità di crescita e posti di lavoro altamente qualificati e ben retribuiti.

Per garantire un futuro alla chimica e a tutta l’industria manifatturiera europea è fondamentale un impegno crescente nella ricerca. La chimica europea investe in R&S oltre 9 miliardi di euro e l’intensità di ricerca – dopo il calo sperimentato negli anni Novanta e Duemila, comune a tutte le principali economie avanzate – mostra dal 2011 una tendenza crescente. Le nuove frontiere tecnologiche (chimica sostenibile e da fonti rinnovabili, nanotecnologie e biotecnologie) stanno contribuendo a dare nuovo slancio alla ricerca.

Anche la Cina punta a rafforzare la sua capacità innovativa: le spese di R&S superano gli 11 miliardi di euro, con un’incidenza sul fatturato inferiore alla media europea (0,8% contro 1,9%).

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