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L'INDUSTRIA CHIMICA IN CIFRE

Dati e analisi per conoscere meglio l'industria chimica

L'obiettivo è rendere disponibili, in modo semplice, le informazioni necessarie per la comprensione delle problematiche dell'industria chimica, del suo ruolo e dei suoi trend evolutivi nel mondo e in Italia. Ogni sezione tratta un argomento specifico accompagnando al testo alcune tavole.

Tante imprese chimiche fanno ricerca in Italia

 

In Italia la chimica è tra i settori con la più diffusa presenza di imprese innovative (80% circa) e – diversamente da altri comparti – l’innovazione si basa sulla ricerca.

In effetti l’industria chimica è il terzo settore – dopo farmaceutica ed elettronica – in termini di quota di imprese che svolgono attività di R&S (68%).

La ricerca, infatti, non coinvolge solo le realtà più grandi, ma anche tante PMI.

In ambito europeo l’Italia è il secondo Paese, dopo la Germania, per numero di imprese chimiche attive nella ricerca, più di 1.000.

Nella chimica risulta rilevante l’innovazione di processo, che coinvolge oltre il 68% delle imprese, con l’obbiettivo di migliorare l’efficienza, ridurre i costi e l’impatto sull’ambiente.

L’innovazione di prodotto riveste un ruolo distintivo nel settore e coinvolge circa il 60% delle imprese a fronte del 39% nella media manifatturiera. Per questa ragione, i beni intermedi che la chimica offre ai settori clienti trasferiscono all’intera filiera i contenuti tecnologici frutto della ricerca.

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Ogni anno la chimica investe sul territorio nazionale 595 milioni di euro in R&S, con un’incidenza sul valore aggiunto di quasi il 5%. Le spese di innovazione superano gli 860 milioni di euro (6,9% del valore aggiunto).

Gli addetti dedicati alla ricerca sono circa 8.750, con una quota sull’occupazione chimica complessiva prossima all’8% a fronte del 5% della media manifatturiera.

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La maggiore intensità di ricerca trova riscontro anche nella copertura brevettuale: il 13% delle imprese chimiche ha depositato domande di brevetto e oltre il 15% dei brevetti nazionali depositati allo European Patent Office riguarda tecnologie chimiche (anno 2024).

La ricerca richiede sempre più un modello di innovazione aperta e di collaborazione pubblico-privato. Il 31% delle imprese chimiche in Italia ha accordi di cooperazione con altri soggetti volti a favorire l’innovazione, una quota non lontana dalla media europea (33%).

La chimica è tra i settori italiani con la quota più elevata di imprese che collaborano con Università e Istituti di Ricerca (il 12% contro il 5% della media industriale).

Il modello di open innovation comporta per le imprese la gestione di processi innovativi complessi con ritorni aleatori e dilatati nel tempo, che richiedono un Responsabile della ricerca con forti competenze manageriali al fine di gestire team allargati con un’attenta programmazione finanziaria e il controllo dei risultati in itinere. D’altra parte, la ricerca pubblica deve assumere un atteggiamento proattivo con le imprese e presidiare adeguatamente non solo la chimica di sintesi e i polimeri, ma anche quella delle formulazioni.

Le imprese innovative del settore non si limitano a collaborare con soggetti nazionali: il 10% di esse ha contratti di cooperazione con soggetti esteri, di molto superiore alla media del 5% del manifatturiero.

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Il confronto con i principali concorrenti europei evidenzia luci e ombre sul fronte della ricerca chimica in Italia.

La quota di personale dedicato alla R&S è in linea con quella dei principali Paesi europei. L’incidenza delle spese di R&S sul fatturato (0,8%), invece, risulta al di sotto della media europea (1,8%), in particolare rispetto a Germania e Francia.

Le spese di ricerca in Italia risultano in parte sottostimate in quanto talvolta le PMI non le identificano attraverso una specifica voce di bilancio, segno che non sempre alla R&S è pienamente riconosciuta centralità strategica. Allo stesso tempo, la presenza di numerose PMI - in assenza di un’adeguata massa critica - può rappresentare un limite alla capacità di investire in modo continuativo e strutturato nella ricerca e nella protezione brevettuale.

Anche la propensione a brevettare in Italia tende ad essere minore: nell’area tecnologica della chimica, a fronte di 6 brevetti ogni 1.000 addetti in Italia, ve ne sono 4 in Spagna ma 10 in Francia e 12 in Germania (dati 2024).

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